Le vibrazioni sensuali del tango e le fragranze del nettare degli dèi: Laura Boatti, imprenditrice nel settore vitivinicolo e ballerina di tango argentino, sembrerebbe apparentemente sospesa in questa curiosa dicotomia, ma in realtà il suo modo moderno di fare impresa ben si sposa con una passione che annovera un palmarès di premi e riconoscimenti nell’ambito della danza. Onorificenze a parte, Laura Boatti si divide tra la pluripremiata azienda vinicola di famiglia, la Monsupello – creata dal padre, il compianto Carlo Boatti – che gestisce affiancando la mamma Carla e il fratello Pierangelo a Torricella Verzate (PV), e la scuola di Tango Lo Stanzone Tango Wine di Voghera che segue personalmente.
Laura Boatti, ballerina di tango. Questa danza sembrerebbe non adatta a tutti…
«In realtà non è così: non si tratta affatto di un ballo d’élite, ma anzi, il tango è nato per strada, nei rioni popolari di Buenos Aires, come la Boca. In seguito è stato divulgato anche all’estero ed è diventato internazionale, ma rimane sempre uno strumento di evoluzione, di introspezione e quindi adatto a tutti coloro che vogliono intraprendere un percorso intimo: la collocazione è popolare, ma l’approccio è intimista. Poi, può essere misterioso e sensuale perché fa parte della sua natura, ma nel momento in cui si estrapola l’eleganza interiore, questa può essere percepita anche fuori».
Anche saper degustare un vino sembrerebbe una capacità che pochi posseggono…
«Il Vino, come il Tango, è vittima di tanti stereotipi e riti: forse è ora di rompere certi cliché che lo riguardano. Secondo me il vino va gustato, sentito: quando lo beviamo dobbiamo capire se ci piace, ci dà emozioni, dona benessere al corpo, all’anima, alla testa… poi ognuno ci può trovare qualcosa di particolare che gli appartiene, ed è giusto così. Se si analizza troppo quello che stiamo bevendo è un po’ come fare la prosa di una poesia: si perdono la magia e la suggestione».
Il progetto che promuove da anni si chiama proprio Tango Wine ed è unico nel suo genere: in cosa consiste?
«Tango Wine è un progetto ad ampio spettro legato alla mia nascita come produttrice di vino e alla mia passione per il tango argentino. Questi sono due aspetti di me stessa che si intersecano, due mondi che sconfinano l’uno nell’altro: il mio scopo è quello di creare cultura tracciando un percorso multisensoriale dove la filosofia e la tradizione del vino si compenetrano negli ambiti artistici che mi appartengono e, viceversa, divulgare l’anima e l’essenza del tango nel mondo enogastronomico da cui provengo. È un’unione di passioni: Tango è l’anima e Wine sono le radici».
Come è nata questa idea molto originale?
«Come ho detto, entrambi fanno parte di me: io sono nata coi profumi del vino, ascoltando mio padre che è stato un grandissimo maestro e mentore, ma col tango ho trovato la mia vera dimensione, il mio linguaggio perché questa danza è il nutrimento della mia anima. È stato quasi un processo naturale farmi portavoce di entrambi gli universi, così variegati eppure così intimi, un percorso che ho creato e che mi ha portata a divulgare la loro filosofia, la comunicazione tra i due, una sorta di ponte a doppio senso dove, vicendevolmente, uno cede all’altro le proprie peculiarità intime».
Coniugare Tango e Vino è un concetto davvero innovativo… Ma cos’hanno in comune due mondi così diversi?
«Sono solo apparentemente differenti, in realtà Tango e Vino hanno in comune l’eleganza, la fluidità, l’internazionalità, la comunicazione: entrambi favoriscono il dialogo, la seduzione, l’appartenenza. Sono due mondi molto più simili di quanto si immagini. Non è male iniziare un ballo con un calice di vino!».
A chi è rivolto questo progetto?
«Il sogno utopico della bambina che c’è in me è arrivare a chiunque, ma mi rendo conto che oltre all’orecchio ci vuole un’accesa sensibilità. La mia intenzione è divulgare quelle che sono le mie radici come produttrice di vini, di azienda vinicola affermata a livello internazionale, e di creare un legame immaginario con la mia passione che è il tango argentino, per far conoscere questa affinità al maggior numero possibile di persone».
Il tango come danza per conoscere se stessi, quindi?
«Sì, il tango, come il vino, permette di vivere un momento introspettivo ma di interconnessione con gli altri, è uno strumento di evoluzione perché non si finisce mai di imparare: non è solo tecnica ma è interpretazione, passione, messaggio. Il tango non cura solo l’anima ma è utile anche per la struttura del corpo».
In che modo fa bene al corpo?
«Il tango ha benefici effetti su un certo numero di patologie. L’efficacia della “Tangoterapia” è ormai riconosciuta dagli ambienti scientifici in quanto permette, ad esempio, a chi è affetto da Morbo di Parkinson di trovare un maggiore equilibrio nella camminata aumentando il senso di stabilità. I giovamenti, quindi, sono fisici e mentali, in quanto permette di socializzare, stimola la memoria, migliora l’umore, ma fa stare anche bene».
Concludendo, ballare il tango e degustare un buon calice è un abbinamento tutto da scoprire?
«E non solo: il tango è conosciuto come stile di danza, ma è anche un genere musicale che forse pochi conoscono. La cultura del tango viene espressa sia dalla musica d’ascolto sia da quella dal vivo; quest’ultima permette ai ballerini di interpretarlo nell’immediato, facendo emergere i movimenti e le sensazioni senza dover per forza attenersi alle regole. Nella musica registrata ci sono tempi molto netti, mentre in quella dal vivo si può uscire un po’ dalla metrica musicale e in quel caso sta ai ballerini adattarsi a tutte le sfumature e le variazioni del tango per arrivare a una completezza: musica, voce, danza… e io aggiungo calice di vino».
Anche in questo caso il suo approccio vuole essere del tutto originale…
«Il mio scopo è rendere più universale il linguaggio del tango che, non dimentichiamo, è stato nominato dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Come vede, il tango è molto di più… e non è solo para bailar!».
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