Secondo gli ultimi dati dell’Istat, l’Italia è un paese “sempre più vecchio”: la vita si è allungata e il termine “quarta età” è entrato a pieno titolo per ridefinire l’età della tarda maturità. La maggiore longevità della popolazione, d’altro canto, ha comportato per molte famiglie l’urgenza di assistere genitori o nonni anziani nella maniera più idonea. Da un lato, quindi, è nata l’esigenza di affidarsi a una struttura per l’assistenza, dall’altro è emersa la trepidazione che può insorgere al pensiero di far trasferire il proprio caro in un posto sconosciuto, a volte percepito come estraneo. Ne parliamo con il Dott. Angelo Barrasso, 27 anni di esperienza nel settore, direttore responsabile della Casa di Riposo Anni d’Oro, a Trieste, e presidente dell’Associazione Servizi per l’Anziano della cittadina giuliana.
Esiste ancora il timore di affidare i propri anziani a una struttura?
«Un po’ di incertezza permane perché la residenza per anziani è percepita erroneamente da alcune persone come un luogo dove i pazienti vengono relegati. Ma non è così, se la scelta ricade su strutture più evolute. Spesso si ignora che la classica casa di riposo di un tempo è cambiata, diventando un luogo dove la salute della persona non può prescindere dal rispetto per la sua dignità e dove l’efficienza dal punto di vista sanitario si coniuga con ambienti confortevoli e personale attento. Il problema che dovrebbero porsi i parenti è semmai un altro: lasciare l’anziano solo o con una badante può alimentare lo spettro della solitudine che, come sappiamo, genera ulteriore isolamento e quindi depressione».
In che modo?
«Per la persona anziana le relazioni sociali assumono una grande rilevanza, direi anzi che sono alla base di un benessere globale: se queste non vengono alimentate c’è il rischio di incorrere in un decadimento cognitivo che si ripercuote anche sulla salute fisica. Al contrario, la realtà della casa di riposo è fatta di vita di relazione: la presenza di altre persone diventa un toccasana per l’anziano che si sente accolto in una comunità».
Quale suggerimento possiamo dare a chi deve scegliere la struttura più idonea?
«La prima raccomandazione è rivolgersi a strutture convenzionate e accreditate che sono obbligate a garantire serietà, correttezza e operano nel rispetto di severi protocolli per l’accudimento e l’assistenza dei propri ospiti. Questo anche grazie al controllo periodico da parte degli organi preposti che devono far osservare requisiti ben precisi, sinonimo di qualità».
Altri consigli?
«Suggerisco di prediligere quelle strutture né troppo grandi né troppo piccole: ideali sono quelle, ad esempio, con una capienza di 30/40 posti. Per il personale, infatti, è più facile fornire un servizio medico, infermieristico, psicologico e fisioterapico inappuntabile e assiduo e, contemporaneamente, offrire il contatto umano così vitale per l’anziano».
Quindi valutare il comfort offerto dalla struttura o i servizi di assistenza alla persona non è sufficiente?
«Sono elementi importantissimi, sia chiaro, ma potrebbero originare una visione un po’ “ristretta” del problema: l’aspetto del benessere e quello della socialità dovrebbero sempre andare di pari passo. Purtroppo nelle strutture molto grandi, magari ottime dal punto di vista terapeutico, si rischia di perdere un po’ quella cura minuziosa e quel contatto quotidiano con l’anziano che invece nelle case di riposo di medie dimensioni sono assicurati».
Quant’è importante la socializzazione nel percorso di ripresa dell’anziano?
«Fondamentale. La socializzazione fa parte di un percorso integrato che comprende vari aspetti: poter parlare con un congiunto o un altro ospite della casa di riposo, poter beneficiare di un abbraccio sono elementi fondamentali per la salute psico-fisica. Il contatto e il “tocco” hanno una valenza incredibile dal punto di vista terapeutico».
Mi pare di capire che la presenza dei parenti sia fondamentale, al di là delle cure…
«Affidare l’anziano alla struttura può essere il primo passo, però è ugualmente importante una partecipazione attiva della famiglia alla vita di comunità: le visite e la frequentazione sono preziose non solo perché da un punto di vista umano e relazionale l’anziano ne trova beneficio, ma anche perché conoscere la struttura, in poche parole “viverla”, permette al parente di verificare la bontà dell’assistenza e delle cure. Per questi motivi, ad esempio, prima dell’emergenza Covid, noi consentivamo le visite dei parenti dalle 9 di mattina alle 18 di sera».
È quindi importante anche verificare che nella struttura sia previsto un periodo di inserimento…
«Esatto, secondo il mio parere sono da privilegiare tutte quelle strutture che diano la possibilità ai parenti di visitare assiduamente il proprio caro per consentirgli di adattarsi alla nuova situazione e al luogo dove soggiornerà. Secondo la nostra esperienza questa è una consuetudine che rende meno traumatico il passaggio dalla propria dimora alla casa di cura».
Lei propone un approccio personalizzato a partire dall’accoglimento del paziente.
«Proprio così. Prendere in carico l’anziano è un meccanismo complesso che prevede anche la scelta dell’operatore più idoneo per lui. Con la collaborazione del paziente otteniamo un duplice risultato: l’anziano si trova bene e anche l’operatore lavora meglio. Secondo il mio punto di vista, infatti, siamo noi medici e operatori a doverci adattare alle esigenze dei nostri ospiti e non il contrario. Ogni anziano è diverso dall’altro e quindi noi dobbiamo mettere in pratica comportamenti e interventi diversificati, non solo per la salvaguardia e la cura della salute fisica della persona, ma anche per quel che riguarda il suo benessere generale».
Interventi di quale tipo?
«Nella nostra struttura organizziamo varie iniziative per intrattenere gli anziani e sopperire, in un certo senso, alla mancanza dei familiari: ad esempio abbiamo istituito “la giornata della bellezza” per tutte le signore presenti. Grazie alla maestria di alcuni operatori creiamo acconciature per le ospiti e le trucchiamo in modo fine, delicato, scattando anche foto del prima e del dopo da inviare ai parenti. Le attenzioni prestate alla persona anziana sortiscono ottimi risultati a livello psicologico ed emotivo perché risollevano l’umore, aumentano l’autostima e hanno effetti positivi sul benessere generale. Tutti fattori che per l’anziano sono iniezioni di energia».
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