Esistono malattie che, oltre al dolore e alla sofferenza, causano al paziente un grande disagio sociale. Tra queste, sicuramente, le fistole perianali e la malattia pilonidale sacrococcigea quest’ultima frequente tra i più giovani. In entrambi i casi, la qualità di vita di questi pazienti è spesso seriamente compromessa.
Di questi argomenti e delle nuove tecniche chirurgiche per curarle ne abbiamo parlato con il Dott. Piercarlo Meinero, chirurgo colonproctologo e direttore dell’International Colorectal Team (ICRT) presso la Clinica Montallegro di Genova. Nel 2006 il Dottor Meinero ha messo a punto una nuova tecnica chirurgica mini-invasiva e video-assistita, la VAAFT (Video Assisted Anal Fistula Treatment), per trattare le fistole anali e le recidive. Nel 2011 ha applicato gli stessi princìpi per trattare la malattia pilonidale sacroccocigea, dando vita alla tecnica E.P.Si.T. (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment).
Dott. Meinero, partiamo dalle fistole perianali. Di cosa si tratta?
La fistola perianale è una infezione cronica che origina dal canale anale o dal retto. In prima battuta, si manifesta con un ascesso vicino all’ano che, aprendosi spontaneamente o dopo incisione chirurgica, drena all’esterno materiale purulento.
Quali sono i sintomi?
In genere il primo sintomo di una fistola perianale è l’ascesso che provoca intenso dolore e bruciore a livello della regione anale. Spesso compare la febbre che può essere anche molto elevata, la cute della regione perianale diventa sempre più rossa e il dolore tende a diventare insopportabile. Dopo che l’ascesso è stato drenato, spontaneamente o chirurgicamente, persiste la connessione tra il canala anale e la cute perianale. Questo “tragitto” è la fistola che è, in pratica, il modo con cui l’ascesso tenta di drenarsi all’esterno.
Cosa fare, dunque?
Se compaiono le fistole, è necessario il trattamento chirurgico che deve sempre essere eseguito da uno specialista colonproctologo. Ci sono diverse tecniche chirurgiche, molto valide dal punto di vista medico, ma che, nel caso di fistole complesse, possono dare gravi conmplicanze: infatti la fistola spesso attraversa gli sfinteri anali, ovvero i muscoli che controllano la continenza fecale. Di conseguenza una lesione chirurgica degli sfinteri anali potrebbe provocare l’incontinenza fecale che, come è immaginabile, creerebbe un grosso danno al paziente.
Ci sono altre controindicazioni per le tecniche tradizionali?
In seguito ai trattamenti tradizionali si possono creare ampie ferite chirurgiche che rendono indispensabili frequenti e dolorose medicazioni da eseguire in ospedale o in ambulatorio. Spesso, per la guarigione, occorrono anche due o più mesi, con dolore e conseguenti ripercussioni sulla vita di relazione e lavorativa del paziente.
Come si possono evitare queste complicazioni?
Utilizzando tecniche mini-invasive e, soprattutto, video-assistite (VAAFT), in modo tale da ridurre al minimo il trauma chirurgico e identificare perfettamente la zona da trattare non tralasciando possibili tragitti secondari e/o cavità ascessuali misconosciute. Il risparmio assoluto degli sfinteri anali evita di causare loro dei danni e la visione diretta permette agevolmente di trattare la fistola dal suo interno diminuendo la possibilità di recidive. La tecnica VAAFT comprende tutti questi importanti elementi grazie all’utilizzo di una speciale e sottile ottica (Fistuloscopio operativo), introdotta nella fistola e collegata a un sistema video.
La VAAFT richiede un lungo ricovero?
L’operazione viene compiuta in regime di day surgery, quindi il paziente viene ammesso e dimesso in giornata. Viene eseguita l’anestesia spinale oppure locale con lieve sedazioni. Il dolore post operatorio è molto ridotto: la maggior parte dei pazienti assume analgesici per 2 o 3 giorni e, in alcuni casi, solo durante il primo giorno dopo l’intervento.
Cosa possiamo dire invece sulla malattia pilonidale sacrococcigea? Come si manifesta?
La malattia pilonidale sacrococcigea, erroneamente chiamata cisti sacrococcigea, è una patologia che colpisce la popolazione tra i 15 e i 25 anni, in particolare modo quella maschile (rapprto maschi:femmine 5:1). E’ un’infezione cronica della cute della regione sacro-coccigea a livello della piega interglutea, cioè tra le due natiche. Si rilevano peli al di sotto del piano cutaneo nel contesto di una più o meno vasta area di infezione. Si manifesta in genere con uno o più piccoli fori nel solco intergluteo, attraverso i quali spesso fuoriescono veri e propri ciuffi di peli e materiale purulento. Nei casi più complessi, si possono osservare anche orifizi esterni in sedi più laterali, espressione di fistolizzazione dell’area di infezione primaria.
Anche in questo caso è necessario l’intervento chirurgico?
Si. E anche in questo caso le tradizionali tecniche chirurgiche hanno effetti collaterali rilevanti. Esse prevedono l’asportazione dell’intera area di cute sacrococcigea con ferite tra i 5 e i 15 centimetri di lunghezza e dai 3 ai 10 centimetri di larghezza a seconda dell’estensione del processo infiammatorio. La cute viene poi chiusa oppure lasciata completamente aperta. Le medicazioni giornaliere sono particolarmente dolorose con guarigioni a 3 o 4 mesi dall’intervento. Immaginate le conseguenze! Alcuni studenti hanno perso mesi di scuola o anche l’intero anno scolastico. La vita di relazione viene compromessa con conseguenze sul piano psicologico ed affettivo. La qualità di vita subisce un vero e proprio crollo.
E’ possibile oggi evitare queste conseguenze traumatiche?
Anche in questo caso vengono in aiuto le tecniche mini-invasive e video assistite che permettono la visione diretta dell’area da trattare con una più precisa e netta rimozione dell’infezione e una conservazione del tessuto sano. Il rischio di recidiva si riduce nettamente: dal 16/20% delle tecniche tradizionali al 5,2% in media con la E.P.Si.T. (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment) ossia la tecnica mini-invasiva utilizzata per la malattia pilonidale.
Cosa cambia per i giovani pazienti?
L’impatto dell’intervento mini invasivo sulla vita dei pazienti è decisamente preferibile. Prima di tutto l’operazione viene eseguita in anestesia locale, a volte con una leggera sedazione. Viene praticata solo una incisione circolare di 4 o 5 millimetri per l’introduzione del fistuloscopio (in casi più complessi due o tre incisioni). Nel 92% il dolore è completamente assente: solo l’8% dei giovani pazienti assume una compressa di paracetamolo il giorno stesso dell’intervento. La E.P.Si.T. viene eseguita in day surgery e il paziente può tornare a scuola o al lavoro già il giorno dopo l’intervento. Le medicazioni, completamente non dolorose, vengono eseguite comodamente dal paziente o da un familiare al domicilio, senza bisogno di recarsi in ospedale.
In definitiva, Dottor Meinero, perché consigliare le tecniche mini-invasive per questi due tipi di patologie?
Certamente per i risultati positivi ottenuti grazie alla mini-invasività e alla visione diretta ma, soprattutto, per la qualità di vita del paziente che non è comparabile con quella conseguente a un’operazione con tecniche tradizionali. Sapere che un paziente non dovrà provare dolore, non dovrà rinunciare alle sue abitudini quotidiane, alle sue relazioni affettive, al lavoro o allo studio anche per noi medici costituisce un grande motivo di soddisfazione.
Leggi l’approfondimento Ansa: “Piercarlo Meinero: la “visione diretta” per operare la malattia pilonidale sacrococcigea“
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