Villa Montallegro di Genova, seppur riducendo sensibilmente l’attività, è rimasta sempre aperta. Quando ancora la situazione era confusa e le linee guida non chiare, la casa di cura ligure ha adottato tutte le precauzioni per tutelare i propri operatori e i pazienti. Fin dai primi giorni dell’emergenza la struttura è stata resa sicura e isolata dal virus così che poi, nelle settimane successive, ha potuto anche ospitare pazienti non Covid-19 provenienti dagli ospedali pubblici genovesi.
L’amministratore delegato e vice presidente, Francesco Berti Riboli, spiega come è stato possibile mantenere la struttura privata indenne dal virus e quale lezione la sanità può trarre da questa emergenza
Dottor Francesco Berti Riboli, come avete affrontato l’insorgere dell’emergenza sanitaria?
La comparsa del Covid-19 e le sue conseguenze sono state inaspettate e hanno colto di sorpresa quasi tutti. Non nego che, inizialmente, la situazione si sia presentata in modo pesante, ma da subito ci siamo dati una priorità: garantire come prima cosa la sicurezza dei nostri operatori e dei nostri pazienti. Abbiamo perciò reso la struttura assolutamente sicura. E la scelta, alla lunga, si è dimostrata vincente perché al momento stiamo affrontando positivamente i problemi legati al contagio
E in che modo avete fatto?
Abbiamo adottato immediatamente quelle precauzioni che in seguito sono state protocollate e sono diventate obbligatorie: abbiamo fornito agli operatori tutti i dispositivi di protezione, abbiamo monitorato l’ingresso dei pazienti, escludendo chiunque potesse essere infettato dal virus. Oltre ai DPI ci siamo orientati su indicazioni comportamentali e su un training che rispondesse alle particolari esigenze del momento. In sostanza: fare ancor più e ancora con maggiore attenzione quello che già facevamo. Ci siamo subito mossi per l’acquisto di barriere (“parafiato”) in plexiglass per i banconi e per l’uso dei termometri; abbiamo immediatamente distanziato le sedute e puntato sugli adesivi sia per indicare le sedie da non utilizzare, sia per distanziare pazienti e operatori. Il concetto di sicurezza, che per noi è sempre fondamentale, è diventato diciamo così, quasi ossessivo: con questo sistema siamo arrivati preparati ai protocolli ministeriali. E per i nostri collaboratori si è trattato di proseguire una strada già tracciata.
Anche a livello di blocco operatorio?
Per garantire la piena operatività nel blocco operatorio, abbiamo predisposto due equipe di assistenza in chirurgia (anestesisti e infermieri) con turni di lavoro ad attività segregata – gruppo A e gruppo B – tenute sotto monitoraggio sanitario e sempre pronte a intervenire, sostituendo l’altra in caso di complicazioni. Abbiamo quindi limitato l’attività ai soli esami diagnostici e ricoveri per intervento e non differibili e urgenti. L’obiettivo di tutte queste iniziative, naturalmente, era la sicurezza dei pazienti, ma anche quella degli operatori e delle loro famiglie.
E in seguito?
Montallegro si è messa a disposizione della sanità pubblica. Nel momento in cui molta gente rinunciava a recarsi nei pronto soccorsi anche se ne aveva necessità e si privava delle cure in ospedale per paura di trovare luoghi contaminati e non sicuri, noi, grazie alle procedure adottate da subito, abbiamo potuto offrire una struttura pulita e operativa. Quindi, tramite Aiop, l’associazione italiana di ospedalità privata, abbiamo raggiunto un accordo a livello ligure con gli ospedali cittadini per accogliere pazienti non Covid e poter fornire assistenza in regime di ricovero per chirurgia a chi ne aveva bisogno. Ovviamente continuando a rispettare ferree regole d’ingresso e di protezione del personale e dei pazienti
Lei parlava di un periodo iniziale in cui, a livello generale, sono mancate linee guida e protocolli certi. Da medico ed esperto del settore, secondo lei ci sono stati errori nella gestione dell’emergenza?
La pandemia ha creato, una situazione inaspettata e inimmaginabile, difficile da gestire. Per forza di cose ci sono stati errori, da parte di tutti ma, a meno di qualche situazione particolare che si può essere verificata, non credo sia giusto criminalizzare nessuno. È stato fatto il meglio di quanto fosse possibile in una emergenza sconosciuta. Ora dobbiamo guardare avanti e approfittare di questo periodo più tranquillo per una riorganizzazione della sanità, per essere pronti anche a un possibile ritorno della recrudescenza del virus.
In che modo?
Prima di tutto favorendo un dialogo e una collaborazione tra il pubblico e il privato che sono le due facce dello stesso sistema sanitario. Abbiamo visto che nell’emergenza è stata una soluzione efficace ed efficiente, bisognerebbe renderla strutturale.
Ci spieghi meglio cosa intende per sanità privata. Come funziona una struttura come Villa Montallegro?
Villa Montallegro è una struttura privata, autorizzata dal Sistema sanitario nazionale ma non accreditata: in pratica è il cittadino, ormai quasi sempre tramite assicurazioni e fondi a cui ha aderito, a pagarsi le cure. Non si tratta cioè di una sanità esclusivamente per ricchi: sempre più persone, circa 11 milioni in Italia, usufruiscono di coperture garantite da fondi e assicurazioni. Il fatto che sia il cittadino a sceglierci, ovviamente ci spinge a ricercare sempre un livello qualitativo alto. Ma non siamo antagonisti rispetto alla sanità pubblica, anzi se la sanità pubblica viene rafforzata ed è ben organizzata, noi ne traiamo beneficio, all’interno di un sistema complessivo (pubblico e privato) che funziona.
Chi viene alla Montallegro si aspetta un’alta prestazione sanitaria ma anche un’esperienza residenziale di qualità. Come fate a reggere i costi elevati?
Certamente i costi della sanità sono alti ma qui non si tratta di spendere di più ma di spendere meglio le risorse che abbiamo. Le faccio un esempio che riguarda proprio l’emergenza Covid-19: già da subito noi abbiamo deciso di acquistare tutti i dispositivi di protezione personale, quando non erano ancora obbligatori. Era una spesa che potevamo non fare o ritardare ma che alla fine ha portato a noi, ai lavoratori e ai pazienti grandi benefici, perché siamo riusciti a rendere la struttura indenne dal virus.
Cosa succederà ora?
Per quanto ci riguarda, Montallegro continuerà a garantire i servizi importanti e urgenti e, almeno per tutto il mese di maggio, manterrà i protocolli di sicurezza in vigore nella Fase 1 dell’emergenza sanitaria.
E per quanto riguarda la situazione generale?
Ovviamente speriamo tutti che venga trovato al più presto un vaccino, anche se non so se potrà essere efficiente contro tutti i ceppi del virus; ma almeno fino ad allora dovremo imparare a convivere con il virus e a modificare le nostre consuetudini. Così come è successo per l’emergenza terrorismo che dal 2000 ha variato le nostre abitudini di viaggio, con i controlli, le attese e le precauzioni in aeroporto, così ne dovremo adottare altre per evitare il virus. Non sono un virologo ma da medico, inoltre, auspicherei che entro il prossimo autunno tutti i soggetti a rischio venissero sottoposti a vaccinazione antinfluenzale e anche a quello contro lo pneumococco, in maniera che sia più semplice escludere i sintomi dell’influenza nel caso uno si ammali.