Il rilancio dell’agricoltura passa attraverso i giovani, che sono tornati ad avvicinarsi ad un settore che ha ampi margini di miglioramento. Con ANGA, Associazione che raduna i giovani di Confagricoltura guidata da Raffaele Maiorano, sempre al loro fianco, per supportarli in questa splendida avventura.

Come nasce l’associazione nazionale giovani imprenditori agricoli?
“L’Associazione Giovani di Confagricoltura ANGA nasce nel 1958, è la prima associazione giovanile agricola italiana ed è tra le fondatrici dell’associazione europea. Parte integrante di Confagricoltura dall’inizio ma ha una sua autonomia statuaria”.
Qual è la vostra missione?
“Di base noi svolgiamo due tipi di attività: la prima è lavorare sulle politiche giovanili, intervento con le istituzioni, contatti con il Parlamento e con le altre associazioni, la seconda è una serie di attività finalizzate alla crescita dei nostri giovani associati come imprenditori. Noi associamo imprenditori agricoli. Li sosteniamo, accompagniamo, formiamo e aiutiamo a risolvere ogni tipo di problema. Ci riteniamo soddisfatti quando un nostro socio esce dalla nostra associazione formato e cresciuto sia dal punto di vista umano ma soprattutto imprenditoriale”.

Il ricambio generazionale è uno dei punti critici?
“In tema di ricambio generazionale, in Italia abbiamo una media più bassa rispetto a quella europea. Le aziende guidate da over 40 sono molte di più rispetto al resto dei paesi dell’Unione. Le problematiche sono molteplici: pesa soprattutto il fatto che un imprenditore agricolo quando arriva all’età pensionabile continua a lavorare e non abbandona la terra. Lasciare è più difficile. E poi chi ha la proprietà della terra si sente padrone di qualcosa da cui fatica a separarsi. Tuttavia oggi più che parlare di ricambio generazionale, è più corretta la definizione di affiancamento generazionale. Una norma che è presente nel nuovo collegato agricolo recentemente approvato, prevede la costituzione di società di affiancamento. La nostra idea è unire l’esperienza con l’energia e la forza dei giovani”.

Come è cambiata l’agricoltura alla luce della consapevolezza delle problematiche ambientali?
“Partiamo da un dato di fatto: economia circolare e attenzione per l’ambiente sono punti cardine dell’agricoltura. L’agricoltura per definizione lavora con l’ambiente e soltanto nel rispetto di esso si ottengono i risultati migliori. Finalmente la consapevolezza dell’importanza di queste tematiche sta entrando nel nostro sistema culturale. Basti pensare all’esplosione della richiesta di prodotti BIO. Ma attenzione, dire che si può fare tutto in maniera BIO è un falso mito”.
Come ci si difende dalla continua offerta di prodotti, spesso poco tracciati?

“Sotto il profilo dei controlli, l’Italia è il Paese che osserva le regole più rigide. I nostri prodotti, anche quelli animali, sono i più sicuri del pianeta. E noi, Giovani di Confagricoltura ANGA, cerchiamo di vigilare e difendere la nostra qualità”.
La globalizzazione alimentare è una minaccia allora?
“Dipende, perché il mio olio lo voglio esportare in tutto il mondo e questo vale anche per le nostre carni pregiate che non devono restare arroccate nei nostri confini. Se io esporto, devo stare al fatto che si può importare. Il tutto con dei limiti di controllo e delle regole uguali per tutti. La tracciabilità deve essere una regola basilare. La comunità europea dovrebbe regolamentare i controlli in entrata con maggiore severità. Purtroppo gli interessi speculativi industriali generano una enorme quantità di ostacoli. Un esempio: l’importazione del riso dalla Cambogia è stata favorita per una sorta di compensazione con la massiccia esportazione di farmaci dall’Europa. Le tutele dell’area del mediterraneo dovrebbero essere maggiori.

Sulle importazioni selvagge ci sono contraddizioni assurde, pensate che noi non possiamo produrre Mais e Soia OGM perché definite nocive alla salute, ma ne importiamo enormi quantità, a prezzi elevatissimi per l’alimentazione animale. Ogni anno spendiamo 2,5 mld di euro! Che senso ha?”.
Contento che il TTIP non sia passato?
“Partiamo da un concetto di base: il made in Italy, se fosse un brand, sarebbe il terzo nel mondo. Quindi, soprattutto al giorno d’oggi, non possiamo aver paura della concorrenza di prodotto stranieri considerata la qualità dei nostri. Di contro la forza delle multinazionali, se non regolamentata a dovere, potrebbe sovrastare tante piccole imprese”

Quali sono le motivazioni che portano oggi dei giovani a scegliere di diventare imprenditori agricoli?
“Ci sono tanti motivi romantici e non. La visione romantica del “mangio quello che produco e non ho più lo stress della città” è ancora attuale. Dal punto di vista economico è tra i pochi settori che, in un periodo di crisi, hanno avuto perdite limitate. In più è l’unico settore nel quale si è registrato un aumento occupazionale. La ragione principale è perché il Made in Italy tira e le persone sono sempre più attente al cibo e all’alimentazione. La passione è fondamentale, forse ancora più che in altri ambiti, ma guai a chi si improvvisa. ANGA nasce essenzialmente per assolvere a questa funzione. E’ necessario avere competenze amministrative e, soprattutto, di marketing. Da sempre portiamo avanti il concetto dell’importanza del passaggio da agricoltore a imprenditore agricolo. La chiave di volta per rinnovare un settore troppo spesso trascurato ma dalle potenzialità di rilancio e di sviluppo grandissime”.
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