A Roma, un centro all’avanguardia lavora in difesa dei nostri timpani: da Udito Farm troviamo protesi tecnologiche e miniaturizzate. Perché la professione di audioprotesista passa da una ricerca continua e dal rapporto di fiducia con i pazienti, con un occhio all’estetica – Intervista a Maurizio Serra, titolare di Udito Farm

Dottor Serra, inquadriamo subito il settore: di cosa si occupa un audioprotesista?
«Rileva deficienze uditive di qualunque livello, mediante appositi esami audiometrici. Quindi, ove necessario, si passa all’applicazione di una protesi acustica. I tempi sono cambiati e la sordità investe sempre di più i giovani, per inquinamento acustico, musica ad alto volume e altri fattori che possono danneggiare la coclea in modo permanente».
E come è evoluto il mercato degli apparecchi acustici?

«In meno di venti anni si è passati dagli ingombranti dispositivi analogici alle tecnologie digitali che hanno permesso di concentrare più funzioni in uno spazio ridotto. E anche l’impatto estetico è migliorato, con apparecchi quasi invisibili. Così in Italia è stato istituito un apposito albo professionale (ANAP) per regolare un lavoro complesso: oltre alla formazione protesica, serve cultura tecnica e medica. Nonché doti psicologiche per capire le esigenze del paziente».
Aspetto sanitario ed estetico, capacità di progettare soluzioni su misura: serve davvero una conoscenza trasversale e la sua storia personale è un compendio di tutto ciò…
«Sì, io vengo dal campo dell’elettronica, lavoravo nella progettazione robotica. In seguito, anche grazie a corsi Universitari e studi di aggiornamento, ho modulato il mio know-how su questo campo: così è nato Udito Farm, un centro specializzato capace di assistere il paziente in tutte le fasi del rapporto. Dai primi test clinici, sino all’applicazione di un dispositivo personalizzato, con una manutenzione garantita a vita».

Veniamo ora a consigli pratici. Dall’alto della sua esperienza, qual è il segreto per proteggere il nostro udito?
«La cosa fondamentale è giocare d’anticipo. Prevenire, prevenire e ancora prevenire. Fare un primo controllo già a 40 anni e poi, una volta superati i 50, ripeterlo ogni 12 mesi. Una strategia necessaria per costruire una propria cartella di evoluzione uditiva. Teniamo conto che gli esami sono veloci (20 minuti circa, ndr) e poco costosi».
Se non mi sottopongo a questi controlli a quali rischi vado incontro?

«I rischi sono molteplici e non riguardano solo l’apparato uditivo: una sottovalutazione del problema può avere ripercussioni gravi anche sulla parte cerebrale deputata all’udito. In pratica, con il calo uditivo non andrò incontro solo ad equivoci nella conversazione e a possibili figuracce. Perché se sento male, posso immagazzinare fonemi in modo errato: così a livello mnemonico si accumulano errori che intaccano la plasticità cerebrale di elaborazione dell’udito per trasporlo in parole di senso compiuto».
Quindi si deve intervenire anche se il soggetto non percepisce chiaramente una perdita di udito?
«Esatto. Se il calo è misurabile a livello strumentale, si deve agire subito, scegliendo un apparecchio conforme alle esigenze del paziente. Ora ce ne sono per tutti i gusti: soluzioni adatte agli anziani con tecnologia bluetooth per canalizzare l’audio del cellulare o del televisore direttamente nell’orecchio. O soluzioni sempre più miniaturizzate pensate per i giovani. Sul mercato c’è di tutto, ma l’apparecchio è solo il primo step del percorso..».
Non basta acquistarlo?

«È proprio questo il punto: noi abbiamo uno staff che segue i pazienti passo dopo passo, con controlli effettuati ogni tre mesi. Perché il dispositivo va calibrato continuamente ed è soggetto a verifiche, magari va cambiata la programmazione, sostituita una certa funzione con un’altra. Se si acquista il semplice apparecchio (ad esempio presso un presidio sanitario o una grande catena del settore, ndr), forse si risparmia qualcosa sul momento, ma in realtà si rimane appesi senza assistenza futura».
Insomma, rivolgersi ad Udito Farm ha il duplice vantaggio di essere seguiti sempre dal medesimo specialista e di non andare incontro a spiacevoli sorprese…
«Questa è la nostra missione. I nostri collaboratori sono sempre pronti ad intervenire a favore del paziente in ogni circostanza nei nostri studi o a domicilio anche quando non c’è ritorno economico. C’è un otorino a disposizione per una visita sanitaria completa. E poi ci sono tutta una serie di servizi accessori pensati per i nostri pazienti: dallo shop online all’holter cardiaco».

Come vede il futuro di Udito Farm e qual è il suo auspicio?
«Il futuro aziendale è solido. Abbiamo investito tanto in ricerca e a breve lanceremo nuovi prodotti. L’auspicio generale è quello di veder “sdoganato” l’apparecchio acustico come una protesi normale, alla stregua degli occhiali. Avviene già nel Nord Europa, dove gli apparecchi sono utilizzati nella vita quotidiana e danno anche un tocco di freschezza al look, con forme accattivanti e un’ampia gamma di colori. Insomma, noi di Udito Farm lavoriamo affinché la dimensione sanitaria e quella estetica vadano di pari passo».
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