E’ difficile immaginare il dramma di chi si trova, all’improvviso, a vivere senza un braccio, una gamba, un piede o una mano a causa di un’amputazione chirurgica dovuta ad un incidente o a malattie quali il diabete, i tumori e l’arteriosclerosi. E se in Italia, nell’ultimo decennio, il numero delle amputazioni dovute al piede diabetico (causa più diffusa nel mondo di amputazione non traumatica) è diminuito del 40%, secondo la Federazione italiana dei tecnici ortopedici ogni anno nel nostro Paese ci sono circa 10.000 nuovi amputati all’arto inferiore, molti dei quali anziani.
Cosa fare, dunque, quando ci si trova in questa drammatica situazione? Lo abbiamo chiesto a Michele Giansanti, tecnico ortopedico con 40 anni di esperienza, titolare dal 1992 dell’Officina Ortopedica di Torino, specializzata nella produzione di protesi personalizzate.
Michele Giansanti, cosa può fare una persona dopo l’amputazione di un arto?
Una volta che si è subìta l’amputazione di un arto, sarà il fisiatra che segue il paziente ad indicare e consigliare una protesi nei tempi giusti. In genere noi tecnici ortopedici, insieme ai fisiatri, consigliamo di non aspettare più di 2 mesi salvo contoindicazioni, per evitare problematiche al moncone. Per esempio, nel caso dell’amputazione di una gamba, il fatto di stare molto tempo seduti su una carrozzina può portare ad alcune posizioni innaturali del moncone che rendono più difficile l’uso di una protesi
Come scegliere l’officina giusta a cui rivolgersi?
Dopo che il fisiatra ha rilasciato l’impegnativa medica per una protesi, si pone il problema di trovare il posto più indicato; molti lo cercano su internet o con il passaparola. Sarebbe importante verificare gli anni di esperienza dell’officina nel settore. Il centro dovrebbe essere in grado di realizzare diverse tipologie di protesi secondo il livello d’amputazione ma anche delle esigenze della singola persona
In che senso?
Un bravo tecnico ortopedico deve ovviamente saper valutare, in collaborazione con il chirurgo o il fisiatra, le caratteristiche tecniche di una protesi che variano a seconda del livello di amputazione o delle condizioni del moncone. In base a questo si sceglie il materiale più adatto e confortevole per il paziente. Ma l’aspetto umano è altrettanto importante perché bisogna ascoltare la persona e capire qual è il suo stile di vita, quali sono le sue aspettative, quali i suoi timori. E anche come reagirà alla protesi proposta
Oggi la tecnologia permette soluzioni sempre più performanti.
Sì, abbiamo a disposizione materiali di alta qualità come il titanio, il carbonio e l’alluminio (per la struttura portante), e abbiamo delle cuffie che vanno ad interfacciarsi direttamente sul moncone e sono realizzate con materiali della famiglia dei siliconi o gel di stirene e creano fondamentalmente una aderenza sul moncone cosi offrendo maggior suzione e un notevole comfort.
Come scegliere la protesi più adatta, quindi?
Anche se la tecnologia offre nuove possibilità, occorre sempre capire quale protesi è la più adatta al paziente. Per questo motivo, per chi deve utilizzare una protesi per la prima volta, io consiglio sempre di cominciare con quelle che sono rimborsate dal Servizio Sanitario nazionale o dall’Inail, in caso di infortunio sul lavoro.
Perché?
Bisogna diffidare di chi promette di farci tornare a camminare o ad utilizzare un presidio nel più breve tempo possibile e con la tecnologia più avanzata. Perché trovare la protesi giusta non è un’operazione semplice e breve, richiede tempi lunghi. Ci vogliono diversi incontri in sala prove con il tecnico, bisogna anche svolgere diverse ore di fisioterapia ma soprattutto è importante la scelta del prodotto idoneo al paziente per affrontare la vita di tutti i giorni. Non è detto che la protesi migliore dal punto di vista tecnologico sia anche la migliore per il paziente. Quindi per un primo approccio penso sia più che sufficiente la protesi che viene rimborsata dal Sistema Sanitario, evitando così un inutile spreco di denaro.
E in seguito? Cosa succede?
All’incirca dopo 6 mesi o un anno di sperimentazione sarà il paziente a decidere con il suo tecnico se vuole cambiare la protesi o alcuni accessori inerenti, quali aspetti vuole migliorare per la deambulazione, che cosa serve in più rispetto alla prima. Ma sarà una scelta sua, consapevole. A questo punto le possibilità sono davvero numerose e all’avanguardia, e il tecnico ortopedico, in accordo con il fisioterapista, potrà valutare la soluzione più adatta
Si parla anche di biomeccanica
Si certo oggi abbiamo la possibilita’ di costruire protesi per arti superiori come la bebionic che ha il movimento elettronico della mano, del polso e di ogni singolo dito, dotati di sensori posti all’interno dell’invasatura che a sua volta vengono a contatto del moncone leggendo cosi’ gli stimoli che vengono inviati dal muscolo; i segnali infine sono inviati ad un dispositivo meccanico che origina il movimento della mano protesica. Anche in questo caso, però, la tecnologia da sola non è sufficiente. Serve l’esperienza del tecnico ortopedico per valutare come, anche la protesi più evoluta, si adatti al meglio alla singola persona.
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