Negli ultimi mesi su giornali e mass media sono comparse numerose notizie ed interviste sulle difficoltà degli imprenditori a trovare lavoratori, e questo accade in tutti i settori non solo in quelli con retribuzioni più basse. Un fenomeno confermato anche dai dati; secondo l’ultimo rapporto Excelsior Unioncamere, nei prossimi cinque anni l’industria del turismo offrirà circa 300 mila posti di lavoro, ma quasi un quarto di questi (74mila posizioni) resterà scoperto. Questo paradosso porta ad incolpare, da più parti, i ragazzi di oggi di mancanza di voglia di lavorare, nonostante a volte si parli, appunto, di buone retribuzioni. Li si accusa di non voler lavorare la sera e nei fine settimana e di avanzare troppe pretese.
Ma si tratta davvero di scarsa volontà o le motivazioni sono altre? E come si può trovare una soluzione? Lo abbiamo chiesto a Mirco Soprani, fondatore e Ceo di LIFE SKILLS® Business, oltre che Executive Coach, Trainer e Consulente Strategico.
Mirco Soprani, esiste questa difficoltà a fare incontrare domanda ed offerta. Ma è solo di un problema di mancanza di volontà e di scarsa retribuzione?
No, il fenomeno è molto più complesso. In realtà noi stiamo vivendo una grande trasformazione culturale, accentuata sicuramente dall’insorgere della pandemia che ha palesato quanto la nostra realtà sia fragile e la vita possa cambiare da un momento all’altro, a causa di fattori che non sono controllabili
Di quale trasformazione culturale parla?
Di quella che riguarda prevalentemente le nuove generazioni che, sempre di più, nel lavoro, oltre ad una retribuzione dignitosa, cercano la possibilità di un maggiore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, soprattutto rispetto all’autonomia nella gestione del tempo. E’ un cambiamento di mentalità del quale gli imprenditori dovrebbero tener conto
E come possono fare?
Mettendo al centro della loro azione prima di tutto le persone e promuovendo il benessere organizzativo aziendale, ossia “la capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione”. Ogni imprenditore o manager non dovrebbe più prescindere da questo concetto
Ma chi sceglie questo approccio professionale perde in termini di competitività aziendale?
No anzi. Sono numerosi gli studi che dimostrano che le aziende che seguono criteri di benessere organizzativo hanno un aumento di produttività e un maggior successo a lungo termine. Dipendenti coinvolti e motivati lavorano meglio e rendono sicuramente di più, oltre a far parte di un ambiente che resiste maggiormente ad eventuali cambiamenti o crisi
Gli imprenditori. dunque, come possono promuovere il benessere aziendale?
Molti manager sono abituati a seguire lo schema comando e controllo su dipendenti e collaboratori; invece, occorre proprio cambiare il paradigma. Manager e Imprenditori dovrebbero mettersi al servizio dei loro dipendenti e diventare leaders che coinvolgono positivamente gli altri, nella realizzazione di un obiettivo condiviso
Sembra un bel cambiamento di mentalità. Come si può attuare praticamente?
E’ sicuramente un importante cambiamento di mentalità che prevede l’acquisizione o il rafforzamento di nuove e diverse competenze da parte di manager ed imprenditori. Competenze che riguardano il saper essere più del saper fare.
Quali sono queste competenze?
Sono quelle che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “life skills”, le 10 competenze che sono alla base dei comportamenti positivi e di adattamento necessari per affrontare le sfide della vita, così come quelle professionali. Possono essere emotive, come per esempio la consapevolezza di sé, la gestione delle emozioni e dello stress, relazionali come l’empatia, la comunicazione e le relazioni efficaci e, infine, cognitive. Tra queste ultime rientrano il pensiero critico, il pensiero creativo e la risoluzione dei problemi e la presa di decisioni.
Come si possono acquisire queste competenze?
C’è bisogno di una formazione specifica che, oltre a sviluppare le abilità tecniche, proponga progetti di coaching, training e consulenza su queste competenze che generano un impatto su parametri di successo di un’impresa quali, per esempio, la performance, l’efficienza, l’engagement, il clima aziendale
Sono numerosi gli enti che propongono formazione. Come si può scegliere quello giusto?
Bisognerebbe rivolgersi a strutture che offrono non solo corsi per migliorare le capacità tecniche ma anche un percorso formativo per gestire efficacemente i processi di cambiamento. Un altro criterio di valutazione è la personalizzazione dei percorsi, ovvero disegnati su misura delle esigenze delle singole realtà, senza pacchetti preconfezionati. Un altro aspetto è la qualità professionale dei membri dello staff, possibilmente certificati da una delle associazioni internazionali di coaching. Anche se la certificazione è assolutamente necessaria, da sola non basta a garantire la qualità nella formazione; sarebbe meglio scegliere enti che abbiano a cuore il bene dell’azienda e vogliano diventarne veri e propri partner per sviluppare progetti comuni e ad hoc.
Il miglioramento del benessere può essere misurato?
Assolutamente si, deve essere misurato. Altrimenti si rischia di rivolgersi ad enti che propongono tecniche e metodologie che promettono stravolgimenti aziendali ma, in ultima analisi, risultano fini a se stessi. Occorre, invece, fissare obiettivi, monitorare l’andamento dei processi e dei risultati conquistati per consentire un confronto tra un prima e un dopo. E questo è un altro parametro importante per scegliere l’ente di formazione più efficiente
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