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Pizzeria Corte dei medici: un giardino segreto nel cuore di Catania

31/01/2020
in Interviste

Il proprietario Marco Celeschi: “Tutto ciò di cui ci nutriamo, non solo cibo, ma ambiente, architettura, arte, ci migliora o ci impoverisce. Ecco perché ho voluto un locale che non accolga soltanto, ma che questo contenuto lo racconti”.

In una delle vie più centrali della vibrante città etnea, sorge una pizzeria, che trasmette cultura in ogni suo angolo. È la Corte dei medici, denominata così perché sorge in un edificio storico appartenuto ad una famiglia che vanta generazioni di professionisti in campo medico. Ultimo erede, un architetto, Marco Celeschi appunto, imprenditore nell’animo, che ha fatto della sua passione per la ricerca, una scelta di vita.

Architetto Celeschi, cosa può spingere un tecnico a ridimensionare la sua professione per creare una pizzeria?

“Sono arrivato alla ristorazione per caso, dopo aver ristrutturato la casa di campagna di mio nonno per farci un agriturismo: ed è finita che mi sono imbattuto nella progettazione di piatti, oltre che di case. Dopo qualche anno, mi sono innamorato del giardino interno di questo edificio. È un giardino di matrice araba, delimitato da mura e nascosto alla vista esterna, cosa che ne preserva la privacy e nello stesso tempo lo rende fruibile, con qualche accorgimento, in tutti i periodi dell’anno. È un luogo magico”.

Il suo è un locale molto conosciuto e frequentato a Catania, quanto è importante la personalità di un luogo nella scelta del cliente?

“È fondamentale. Il cliente colto e raffinato recepisce sempre la vibrazione positiva di un luogo e continua a sceglierlo quando il contesto riesce a trasmettergli benessere. Poter gustare un’ottima pizza in un raro giardino segreto, o in generale in un luogo particolarmente suggestivo, accompagnato ogni quindici giorni, anche da musica jazz, è una rarità, e il cliente apprezza sempre”.

 

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Marco Celeschi
Marco Celeschi
Marco Celeschi
Marco Celeschi
Marco Celeschi - Titolare Corte dei medici
Corte dei medici pizzeria

Il cliente è spinto anche dalla bontà delle pizze.

“Naturalmente, un locale  non dev’ essere dotato solo di grande fascino, deve essere in grado di offrire un prodotto di qualità, con un occhio attento alla ricerca degli ingredienti che devono essere sempre di primissima scelta, possibilmente ben combinati tra loro. Non perseguiamo l’ideologia del KM zero, ma l’accostamento di ingredienti anche di provenienza diversa, purché si esaltino a vicenda. L’impasto della base della pizza è poi molto importante per la sua digeribilità. Qui usiamo un impasto a tre farine messo a punto da noi: farina bianca, di semola rimacinata a pietra e Timilia, una farina siciliana integrale. Usiamo quindi un solo impasto e non la miriade che va di moda adesso, tutte miscele belle e pronte dalla grande industria. Preferiamo seguire una nostra strada, con l’intento magari di procedere in futuro alla registrazione della nostra miscela a tre farine”.

È pensare comune che il segreto dell’alta digeribilità della pizza sia una lunga lievitazione. Ce lo conferma?

“Più che lunga lievitazione si dovrebbe parlare di lunga maturazione: sono processi diversi. La lievitazione è veloce, la maturazione è lenta. Come si possono sposare queste due caratteristiche così diverse? A parer nostro solo utilizzando farine specificatamente assemblate per questo scopo. Nasce così il “Trimolium 1898”, il nome del nostro impasto, dedicato a un manoscritto sulla fermentazione alcolica del 1898, ritrovato proprio in questo edificio.

Usare tre farine serve a miscelare la loro forza. Ogni farina ha una forza specifica, indicata con il simbolo W. Un impasto a forza differenziata è diventato il nostro modo per far reggere al panetto una lunga maturazione senza che questo diventasse una pappa ”.

Un tempo di lievitazione, anzi maturazione,  maggiore, può ridurre la quantità di lievito utilizzato in un impasto?

“Sicuramente si, con grandi benefici per la salute. Noi ne utilizziamo meno di una briciola. I vantaggi sono per tutte quelle persone intolleranti al lievito o che dopo aver gustato anche un po’ di pizza, devono sopportare gonfiori, bruciori e sonnolenza”.

Altro segreto per un’ottima pizza?

“Cuocerla in un forno piccolo, come si faceva una volta, artigianale a mattoni e non prefabbricato, con un rilascio graduale e avvolgente del calore. E tronchetti solo di faggio”.

La tipologia dei suoi clienti è di fascia culturale medio alta, attenti estimatori di una gastronomia di eccellenza, ma anche attratti da un progetto artistico a cui si sta dedicando da diverso tempo.

“È un progetto che portiamo avanti con l’ausilio di artisti, pittori e associazione culturali. Usiamo il locale anche come spazio espositivo di oltre 100 metri quadrati, che mettiamo a disposizione di giovani talentuosi che ogni mese, a rotazione, vi espongono le loro opere pittoriche. Ogni quindici giorni offriamo inoltre al cliente anche la possibilità di gustare le nostre pizze sulle note di musica jazz eseguita dal vivo. Ma cucina, esposizioni artistiche, musica, seguono un unico filo conduttore, quello che si rivolge ad una Sicilia moderna e propositiva che ispira il nostro lavoro”.

Ritornando alle pizze, voi offrite sia pizze tradizionali che quelle con accoppiamenti più inusuali. Tra le vostre proposte figura anche la pizza più cara d’Italia. Quanto è importante differenziarsi in un mercato alla continua ricerca della qualità?

“Direi che è fondamentale. Il mercato catanese, ma ritengo anche quello al di fuori della realtà locale, è pronto ad accettare la pizza di fascia alta e le sue innovazioni, pizze di nicchia ad esempio con guanciale di suino nero dei Nebrodi, spolverate di cioccolato al sale di Modica, ma anche una pizza con ingredienti molto costosi, quale appunto la “Antonius Musa” con caviale e oro commestibile”.

“Oggi è in atto una rivoluzione nel mondo della pizza: se non siamo più costretti a bere da un idrante quando usciamo da una pizzeria, questo lo si deve alla ricerca sugli impasti degli ultimi anni. Le pizzerie di più recente concezione, le cosiddette gourmet ,lavorano incessantemente su proposte nuove e affrancate dalla tradizione. Un cliente oggi – ribadisce Marco Celeschi – è sempre più attento all’impasto della pizza oltre che alla location. Ma il nostro intento è sopratutto quello di superare i passatismi della cucina italiana e conferire alla pizza la stessa autorevolezza del food stellato.

 

SCOPRI DI PIÙ

Leggi l’approfondimento Ansa Marco Celeschi:”La pizza: tradizione o modernità?” Parla creatore della pizza più esclusiva d’Italia

Visita il sito Corte dei medici

Tags: Corte dei MediciMarco CeleschiMarco Celeschi Catania

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