Il 14 marzo il Parlamento Europeo ha approvato il testo che prevede la ristrutturazione degli immobili europei con l’obiettivo di renderli più sostenibili per l’ambiente: la Direttiva UE relativa alle case green prevede infatti che tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2028 e che gli edifici residenziali dovranno essere ristrutturati per rientrare almeno nella classe E entro il 2030 (e in classe D entro il 2033). Ma cosa vuol dire per l’Italia? Cosa fare per essere pronti quando la Direttiva entrerà in vigore? Lo abbiamo chiesto a Salvo Belfiore, massimo esperto nella riqualificazione degli immobili e operativo in provincia di Catania dove da oltre 30 anni aiuta progettisti, imprese edili e anche privati a individuare le soluzioni tecniche più efficaci.
Alla luce della nuova direttiva europea si può dire che il tempo stringe?
«Si perché la nuova direttiva dell’Unione Europea chiede di migliorare, e anche velocemente, le classi energetiche delle abitazioni. La direttiva prevede che tutti gli immobili passino alla classe E entro il 2030 e alla D nel 2033, per arrivare a zero emissioni entro il 2050. Insomma, dobbiamo farci trovare pronti: il rischio è quello di avere in Italia migliaia di immobili non a norma e quindi fuori mercato».
Ma siamo pronti a dire addio alla classe G?
«In Italia la situazione è critica: basti pensare che, secondo i dati forniti dall’Ance, su oltre 12 milioni di edifici residenziali presenti nel nostro Paese, sono più di 9 milioni quelli che non rispettano le performance energetiche previste dalla nuova direttiva e bisogna fare in fretta per rispettare i tempi richiesti, considerando che in gran parte si tratta di edifici costruiti prima del 1990».
Si profila quindi un boom di interventi per l’efficientamento energetico: come gestirli?
«Per agevolare ogni iter di riqualificazione energetica di un immobile occorre in primis un’attenta progettazione che consenta di ottenere il massimo beneficio con minima spesa, a cominciare dalla scelta dei materiali e dei prodotti che devono essere di alta qualità e, soprattutto, in grado di dare garanzie nel lungo periodo. Penso all’isolamento dell’involucro edilizio con cappotto termico, di fatto l’intervento più importante: un rivestimento di materiale isolante che viene posato intorno le pareti e il tetto di un edificio con lo scopo di migliorarne l’efficienza energetica».
Il più importante ma anche il più rischioso…
«Si perché la qualità degli interventi di riqualificazione energetica degli edifici tramite l’isolamento termico con sistema a cappotto è spesso compromessa da diversi fattori, quali i materiali utilizzati o un’errata posa. Capita, inoltre, che un intervento venga compromesso dalla consegna in cantiere di prodotti “assemblati” con materiali di diversa provenienza messi insieme in cantiere e privi di certificati Eta e marcatura CE».
Cosa può succedere una volta posato il cappotto?
«Può staccarsi e l’impresa deve poi risponderne. Grazie alla mia esperienza di oltre 30 anni ho infatti potuto constatare che un buon cappotto è un investimento eccellente in quanto, in condizioni di normale esercizio e manutenzione, può durare oltre 30 anni. Per fare in modo che questo accada, però, è necessario che tutto avvenga alla perfezione già nelle fasi di posa».
Quali sono i principali errori da evitare?
«Il successo del sistema a cappotto si basa su 4 pilastri fondamentali: la qualità dei prodotti, la corretta analisi pre-intervento, la posa a regola d’arte e la corretta applicazione. Per tutelarsi il costruttore deve scegliere sempre e solo materiali di qualità e idonei per le caratteristiche dell’edificio. Per i privati, invece, il rischio è di affidare i lavori ad aziende poco strutturate o con competenze limitate: è invece importante scegliere l’impresa che dia garanzia di continuità dall’inizio dei lavori alla consegna finale. E nella scelta è consigliabile affidarsi a consulenti esperti che sappiano coordinare i lavori».
E come si misura l’esperienza?
«Con la capacità di scegliere il cappotto e l’isolamento idonei al progetto: si tratta infatti di sistemi non precostituiti che vanno scelti in base al tipo di edificio. Le condizioni climatiche e la storia costruttiva incidono sempre sulla tipologia di materiali da scegliere. Ricordiamoci che sono diversi gli elementi che compongono il sistema a cappotto e che spesso per incorrere a meno spese ci sono imprese che utilizzano prodotti di scarsa qualità, consapevoli del fatto che per i non addetti ai lavori un prodotto è uguale ad un altro. Ma non è affatto così».
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