Si può guarire dalla carie, per questo si va in genere dal dentista. Ma è bene sapere che la carie è solo la manifestazione clinica. Il problema si chiama invece patologia cariosa. “Tutti si preoccupano di curarla, ma l’approccio più corretto sarebbe capirne le cause per evitare che la mattia si ripresenti nel tempo” ci spiega il dottor Luca Marco Bernardini che abbiamo incontrato nel suo studio odontoiatrico di Roma, dove opera con uno staff di dieci collaboratori, ciascuno con la propria specificità e specializzazione.
Prendersi cura del proprio sorriso è assolutamente fondamentale. Eppure finiamo in genere dal dentista solo quando ne abbiamo necessità, ad esempio in presenza di una carie.
Tocca un argomento davvero importante, la prevenzione resta la strada maestra per prendersi cura del proprio sorriso: sottoporsi a visite periodiche e sposare percorsi terapeutici programmati. Purtroppo quando questa non avviene ci troviamo a dover riparare al danno, ad esempio nel caso della carie a dover “riempire un buco” con del materiale sintetico, E qui però occorre evitare di fare un secondo errore.
In che senso?
La carie è la conseguenza di una patologia cariosa in atto, ovvero una malattia comportamentale sostenuta dai batteri: alla base ci sono le abitudini della persona (alimentazione, igiene orale, uso di farmaci, alcool, etc), che si uniscono ad eventuali fattori genetici (solchi profondi, smalto debole, etc). otturare un dente significa “mettere una toppa” quando ormai il danno è accaduto. Questo serve a salvare il dente da danni ulteriori e più gravi, ma per far si che lo stato di salute orale si mantenga nel tempo bisogna indagare le cause . Come mai 150 anni fa non si sviluppavano cavità cariose frequentemente come oggi? Vanno indagati i fattori di rischio, valutati, ed insieme al paziente, decidere un percorso terapeutico volto a ridurli o eliminarli del tutto.
Sta dicendo in sostanza che non è sufficiente andare dal dentista semplicemente per curare la carie.
“Solo conoscendo come si forma la carie ed in base a quali comportamenti, solo indagando sulla persona, si può fare dell’ottima e salutare prevenzione. Guardare l’individuo è quello che, stando al Giuramento di Ippocrate, dobbiamo fare noi medici”.
Quel che pone non è dunque (o non solo) un problema di cura, ma la necessità che un medico guardi al paziente nella sua interezza.
“Il tema vero è che, a prescindere dal fatto che oggi la medicina è diventata iperspecializzata in tutti i settori e campi e ci offre infinite possibilità di indagine, il controaltare è che questa iperspecializzazione o se vogliamo definirla deriva tecnologica, rischia di far dimenticare quello che è il nostro credo fondamentale, ovvero la persona, l’essere umano a tutto tondo”.
Anche lei però ha tante specializzazioni, che spaziano dalla chirurgia implantare a quella gengivale…
“Quelle sicuramente aiutano perché danno la possibilità di curare secondo tecniche innovative e nel miglior modo oggi possibile. Curare al meglio le patologie per le quali i pazienti vengono nei nostri studi è fondamentale ma è solo il primo passo: se vogliamo che guariscano ovvero non si ammalino più vanno risolte il più possibile le cause. Ad esempio nel ripristinare una gengiva che si è ritirata, se non insegniamo al paziente a lavare i denti con la giusta pressione è probabile che nel tempo si ritiri di nuovo a causa dello spazzolamento errato.
È importante avere competenze settoriali, ma anche considerare il paziente nella sua interezza e sotto le diverse sfaccettature possibili. La tecnologia (pensiamo all’apparecchio per la sedazione cosciente, al cone beam, all’implantologia guidata) che rende più semplice e più preciso il nostro lavoro, potrebbe far perdere tuttavia la visione globale che invece non va mai trascurata ma che, al contrario, deve essere la nostra cartina di tornasole”.
Passando dalla teoria alla pratica, per ritornare al caso della carie, cosa significa?
“Significa che è necessario, dopo aver fatto un’analisi del paziente e delle sue abitudini e aver sviluppato un piano personale – l’alimentazione è fondamentale, come anche sapere se prende dei farmaci o evidenziare altri fattori di rischio ed eventualmente indirizzarlo verso consulenze mirate – accompagnarlo in un percorso di educazione comportamentale. A volte trascuriamo che ogni cosa che inseriamo nell’organismo ha incidenza sulla bocca”.
In sostanza gli si insegna ad osservare pratiche comportamentali.
“Lo si accompagna in un percorso di consapevolezza: un medico puó aiutare a risolvere problemi collaterali dettati dalla scarsa o assente conoscenza delle cause di una patologia. Una cosa è la cura, altra cosa è l’origine della patologia. Senza la seconda, la prima avrà un successo scarso o comunque limitato nel tempo”.
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